“Faccio un rumore quando respiro … se respiro sento uno strano rumore in gola come di “schiuma” che fa gr-gr … ho un sibilo dai bronchi quando butto fuori l’aria … ”. In questi e in altri analoghi curiosi modi di descrivere il fenomeno, mi sono sentito riferire la presenza di una “respirazione rumorosa” da parte di non pochi pazienti che, richiedenti la mia valutazione pneumologica, tendevano a focalizzare la loro attenzione non tanto sulla dispnea (difficoltà respiratoria), spesso davvero poco importante quando non completamente assente, quanto su questi “strani” rumori provenienti dalle vie aeree che, alla fine, rappresentavano il principale motivo della loro preoccupazione.
A differenza dei rumori respiratori rilevabili dal medico e dallo pneumologo con l’auscultazione del torace, praticata con il fonendoscopio nel corso della visita pneumologica (vedi “La visita pneumologica presentata dallo pneumologo” – “Visita pneumologica, spirometria, ossimetria e test con broncodilatatore”), che indifferentemente possono essere generati dai bronchi o dai polmoni, tutti i rumori più “grossolani”, udibili spontaneamente da un paziente non critico (escluso, pertanto, l’edema polmonare acuto) senza ricorrere ad appositi strumenti, tendono a provenire, generalmente, dalle vie aeree sottoglottiche (che si trovano al di sotto delle corde vocali situate nel laringe), e precisamente dalla trachea e dai bronchi, talora anche da quelli più sottili e di calibro minore posti verso la fine dell’albero bronchiale (bronchioli).
Vediamo, allora, quali sono i diversi tipi di “rumore” ai quali si possono riferire i pazienti nella loro descrizione allo pneumologo.
- SIBILI: varie sono le situazioni cliniche in grado di generare un respiro sibilante che si presenti prevalentemente in fase espiratoria.
Tra queste la più classica è l’asma bronchiale (vedi “Asma bronchiale: malattia da conoscere”), patologia respiratoria caratterizzata dall’ostruzione dei bronchi che, riducendo il proprio calibro nel corso delle crisi respiratorie (crisi asmatiche), divengono fonte del classico “fischietto” espiratorio.
Essa riconosce molto spesso una patogenesi allergica, con allergeni responsabili che spaziano dai classici acari della polvere di casa (vedi “Asma allergico da acari della polvere: i consigli dello pneumologo”), ai pollini delle piante (vedi “Pollinosi” – “Malattie allergiche delle vie aeree”), per arrivare ai derivati epidermici animali (vedi “Bimbo, animali domestici, asma e allergie respiratorie: i consigli dello pneumologo”) e alle muffe degli spazi confinati (vedi “Asma, problemi respiratori e muffe nella casa”).
In alcuni casi, in luogo della ben più frequente presentazione classica caratterizzata dalla comparsa di tosse, dispnea, sibilo espiratorio e senso di costrizione al petto, l’asma può manifestarsi più semplicemente con una tosse persistente che duri, magari, da qualche settimana o da qualche mese (vedi “Tosse e allergia: il parere dello pneumologo”).
Esistono, poi, altre situazioni cliniche, non strettamente bronco-polmonari, che possono generare un sibilo espiratorio (vedi “Sento un fischietto quando respiro! Che cos’è?”).
Come dirò più avanti, anche la bronchiolite del lattante e quella del bimbo piccolo possono rendersi responsabili della comparsa di un respiro sibilante.
Da non dimenticare, inoltre, la ben più rara ma possibile evenienza, peraltro da me incontrata nel corso dell’attività professionale, rappresentata da un’ostruzione delle vie aeree secondaria a infiltrazione tumorale concentrica delle pareti tracheali.
Ricordo come, in tale occasione, il reperto acustico sibilante di una paziente già nota per essere affetta da asma bronchiale, ingannò inizialmente più di uno pneumologo disposto a credere all’ipotesi asmatica di quel rumore respiratorio, in luogo della ben più grave patologia neoplastica della trachea poi diagnosticata con la TAC del torace e con la broncoscopia.
- RANTOLI GROSSOLANI: il reperto “rantolare” corrisponde a un rumore “umido”, generato da una corrente d’aria che, muovendosi in trachea o nei bronchi, crea quella turbolenza che fisicamente fa riverberare le secrezioni catarrali presenti.
Esse sono, talora, tanto abbondanti da giungere sino ad interessare il laringe, depositandosi sulle corde vocali e alterando, in tal modo, il timbro della voce (disfonia o raucedine), condizione che il paziente tende a cercare di risolvere “schiarendosi la voce” o “raschiando” la gola (“raclage”).
Il raclage è abbastanza tipico anche di quelle situazioni catarrali che interessino il laringe ed il faringe, secondarie alla presenza di un reflusso gastroesofageo (vedi “Tosse, catarro e reflusso gastro esofageo: il parere dello pneumologo” – “Tosse con catarro: il parere dello pneumologo”).
Questi rumori tracheo-bronchiali sono spesso associati alla tosse, presente con il preciso fine di eliminare dalle vie aeree le secrezioni responsabili degli stessi.
Qualche volta questo tipo di rumore respiratorio può comparire negli stati di pre-morienza in pazienti in coma.
In questo caso il grossolano rantolo orale, chiaramente udibile da chiunque si trovi in prossimità del paziente, è generato dall’incontro tra il moto turbolento dell’aria che transita in trachea, alternativamente in fase inspiratoria ed espiratoria, e le abbondanti secrezioni catarrali presenti.
Tali secreti difficilmente riescono ad essere eliminati a causa di un meccanismo di tosse reso inefficace da un’insufficiente forza espulsiva dei muscoli espiratori.
Questa condizione viene, talora, erroneamente riportata anche in corso di respiro agonico (“gasping”), cosa, tuttavia, che non corrisponde alla realtà in quanto il gasping, per definizione, rappresenta una situazione di respiro “boccheggiante”, incapace di mettere in atto un sufficiente flusso d’aria nelle vie aeree.
Questo particolare modo di respirare, non solamente non consente un atto respiratorio tale da garantire una ventilazione polmonare compatibile con un’adeguata ossigenazione del sangue, ma risulta, altresì, completamente insufficiente a generare un qualsiasi rumore respiratorio.
- RANTOLI FINI: solitamente generati dalla presenza di secreti più fluidi e acquosi, molto meglio idratati rispetto ai più densi, abbondanti e collosi secreti responsabili dei rumori grossolani precedenti.
Vengono anche definiti “rantolini” fini, affini a “rumore di schiuma fine” messa in vibrazione dall’aria che passa nelle vie aeree (“schiumetta” mossa dal vento).
Sono prodotti, generalmente, ad un livello più basso rispetto a quello al quale si generano i rumori precedenti, e precisamente a livello dei bronchi più fini (bronchioli) (vedi “La malattia delle piccole vie aeree: lo pneumologo e la prevenzione”).
In questa sede l’incontro tra una turbolenza dell’aria a flusso più rapido e secreti bronchiali disposti a strato sottile, meno abbondanti e più fluidi, produce un suono “crepitante” o “schiumoso” più acuto, udibile, spesso in modo continuo, nel corso di tutto il ciclo respiratorio (inspirazione ed espirazione).
Questi rumori, che spesso divengono più intensi in posizione coricata o che si accentuano aumentando l’escursione respiratoria del torace (respiri più ampi), possono comparire nel corso delle bronchiti acute (vedi “Bronchite acuta e cronica”), a eziologia batterica o virale (vedi “Batteri e virus responsabili delle polmoniti: il parere dello pneumologo”), specie di quelle che interessino i bronchi di calibro minore e nel corso delle bronchioliti dell’adulto (vedi “Bronchiolite e immagini ad albero in fiore alla TAC (tree in bud): il punto dello pneumologo”), presentando, talora, alla spirometria, un quadro di rilevante compromissione funzionale respiratoria ostruttiva, più accentuata a livello delle piccole vie aeree.
In caso di bronchiolite del neonato e del bimbo più piccolo, a causa del ridotto calibro dei bronchi proprio di questa fascia d’età, tale condizione clinica tende a manifestarsi più facilmente con sibili espiratori, simili a quelli prima descritti, piuttosto che non con il fine rumore rantolare “schiumoso” di cui ho detto.
Essi possono comparire, altresì, nel corso di tracheiti acute, specie di quelle ad eziologia virale.
L’esperienza clinica dello specialista, in questo come in altri casi, consentirà di interpretare correttamente il “rumore respiratorio” raccontato dal paziente, risultando dirimente per giungere alla diagnosi corretta, indispensabile primo passo per un intervento terapeutico risolutivo.
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