Dopo l’articolo pubblicato la scorsa settimana in questo sito (vedi “ Blocco delle auto a Torino per lo smog: il punto dello pneumologo”), ecco un’altra bella occasione per parlare dell’effetto dell’inquinamento dell’aria nelle città e delle sue conseguenze negative sull’apparato respiratorio, ancor più importante nel caso di pazienti che già presentino una malattia polmonare cronica.
Tra queste patologie respiratorie ricordo come
siano alcune tra quelle che maggiormente possono risentire negativamente dell’esposizione all’inquinamento urbano, rappresentato in massima parte dalle particelle del corpuscolato PM10 e dei corpuscolati fini e ultra-fini del PM 5 e del PM 2,5.
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Ma è in modo particolare riferito alla broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), lo studio pubblicato su “Respiratory Research”, prestigiosa rivista scientifica internazionale che si occupa di ricerca in campo respiratorio, nel quale sembra delinearsi, in modo incontrovertibile, un notevole effetto negativo provocato dall’esposizione dei pazienti affetti da BPCO ai prodotti della combustione dei motori a scoppio dei veicoli che circolano in città.
Si tenga conto del fatto che, in condizioni di normalità, il fisiologico processo di invecchiamento dei polmoni fa si che ci sia, nel corso degli anni, una costante e progressiva perdita dei volumi funzionali polmonari documentabili con la spirometria.
In modo particolare, tendono a ridursi sia la capacità vitale forzata (FVC = Forced Vital Capacity), cioè quel volume d’aria contenuto nei polmoni ed eliminabile dagli stessi dopo aver compiuto un’inspirazione massimale e una successiva espirazione forzata, sia quel volume eliminabile dopo il primo secondo di espirazione forzata, definito FEV1 (Forced Expiratory Volume in 1 second), indice della pervietà delle vie aeree.
Più precisamente, il FEV1, dopo i 20 anni, tende a ridursi di circa 30 ml/anno negli uomini e di circa 23 ml/anno nelle donne, con una progressiva accelerazione annuale nel corso del tempo.
Per quanto attiene, invece, all’FVC, esso si riduce di circa 15-30 ml/anno negli uomini e di circa 13-24 ml/anno nelle donne.
Mentre la progressiva riduzione di questi due parametri respiratori rappresenta, fino ai quarant’anni di età circa, un effetto para-fisiologico secondario alle variazioni del peso corporeo (incremento) e alla progressiva riduzione dell’efficienza muscolare, diverso sembra essere, invece, dopo tale periodo, ciò che capita al deterioramento funzionale respiratorio.
Esso, infatti, sembra più facilmente espressione del danno provocato sui tessuti respiratori dagli inquinanti presenti nello smog urbano, e tra questi dalle sostanze dotate di potere ossidante, tra le quali figura l’ozono (vedi “Asma e clima: il parere dello pneumologo” – “ Sport nelle città e aria inquinata: il parere dello pneumologo”), in grado di sommarsi ai danni provocati, su bronchi e polmoni, dalle sostanze nocive presenti nel fumo di tabacco, tutte in grado di attivare i processi infiammatori a livello delle vie aeree e di sovvertire quegli equilibri fisiologici tra ossidanti e anti-ossidanti, proteasi e anti-proteasi (elastasi / anti-elastasi), che tendono a limitare e a riparare i danni presenti a livello bronchiale e polmonare.
Se, come detto prima, nei soggetti sani l’invecchiamento polmonare già produce comunque una perdita progressiva, per quanto lenta, della funzionalità respiratoria, nei pazienti con BPCO la riduzione dei volumi sopra-detti (FVC e FEV1) procede in modo assai più spedito, giungendo a determinare un rilevante deterioramento respiratorio con la comparsa di sintomi e di segni clinici tra i quali dispnea (disagio respiratorio), tosse (vedi “Tosse persistente dell’adulto e del bambino”) e più in generale di riduzione della tolleranza allo sforzo.
Se tale dato, noto da tempo, rappresentava già per gli pneumologi una certezza, è solo dopo la pubblicazione dei dati relativi allo studio di cui sopra che si è potuto concludere che, nei soggetti affetti da BPCO, la funzionalità respiratoria subisce un danno direttamente proporzionale all’aumento del traffico dei veicoli presenti nella zona ove vive il paziente portatore di tale patologia broncopolmonare cronica, nonostante il fumo di sigaretta rappresenti ancora la principale causa responsabile della BPCO (vedi “ BPCO e fumo di sigaretta: il parere dello pneumologo”).
Se si tiene conto che, nel caso di pazienti affetti da BPCO, risulta determinante la salvaguardia della residua quota di funzionalità respiratoria non ancora interessata dalla malattia, il dato che lo studio rende disponibile potrebbe essere determinante nel favorire tutte quelle misure volte ad evitare quell’ulteriore degenerazione funzionale che tende spesso ad esitare nell’insufficienza respiratoria e nella sua inevitabile invalidità conseguente.
Tra queste, politiche socio-urbanistiche favorenti la strutturazione di nuovi progetti architettonici rispettosi di spazi aperti e di reti stradali a misura d’uomo, prima di tutto in grado di limitare, in questi pazienti, l’esposizione all’inquinamento determinato dall’eccessivo traffico veicolare urbano.
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