Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino
Asma

Asma e Vitamina D: lo Pneumologo fa Chiarezza

Non è la prima volta che mi viene chiesto da parte di qualche paziente, se la vitamina D sia in grado di migliorare la situazione clinica di chi è affetto da asma bronchiale.

In un caso, un asmatico da me visitato, è arrivato addirittura ad affermare, con mio grande stupore

Dottore, io, tra l’altro, già mi tratto con la vitamina D da un po’ di tempo. l’ho visto su Internet!

Tenuto conto di ciò che mi piace considerare “realtà” clinica, ritengo di dover intervenire per fare chiarezza.

L’asma (vedi “Asma bronchiale: malattia da conoscere”) consiste in una patologia prevalentemente infiammatoria dei bronchi, caratterizzata dalla particolare tendenza degli stessi, quando esposti a stimoli allergici o chimico-fisici aspecifici (iperreattività bronchiale aspecifica), a ridurre il loro calibro interno (diametro) come conseguenza dello spasmo (contrazione) della muscolatura liscia presente nelle loro pareti (broncospasmo).

Tale fenomeno, strumentalmente documentabile con la spirometria, unitamente all’ulteriore ostruzione delle vie aeree bronchiali determinata dai coesistenti eventi infiammatori ed ipersecretivi (secrezioni mucose) sempre presenti nell’asma, si rende responsabile delle crisi asmatiche, momenti di particolare dispnea sibilante (difficoltà respiratoria), prevalentemente espiratoria (vedi “Sento un fischietto quando respiro! Che cos’è?”) conseguente all’ostruzione dei bronchi (broncostruzione), associata a tosse, spesso inizialmente secca, e a senso di costrizione al petto.

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Tali sintomi, particolarmente intensi in occasione delle crisi asmatiche acute, tendono a permanere, per quanto d’intensità variabile, anche al di fuori di esse, mantenendosi fin tanto che non si metta in atto un trattamento curativo efficace in grado di risolvere i fenomeni bronco-ostruttivi che li determinano.

Alcuni lavori pubblicati in letteratura sembrano affermare tutto e il contrario di tutto, relativamente al rapporto intercorrente tra asma ed assunzione di vitamina D.

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Se si fa un “giro” su Internet, è facile notare quanto si possano trovare posizioni più o meno scientificamente “autorevoli”

  • alcune relative ad un ruolo assolutamente favorevole svolto da questa vitamina sul controllo e sulla capacità di prevenire le crisi respiratorie acute dei pazienti asmatici;
  • altre, invece, assolutamente contrarie e dichiarative di assoluto sfavore, sembrerebbero addirittura ipotizzare una diretta responsabilità della vitamina D nel peggioramento della malattia.

Partendo dall’osservazione, nota da tempo in letteratura che, in adulti e in bambini con bassi livelli di vitamina D, sembra quantitativamente maggiore il rischio di crisi asmatiche, probabilmente correlabile con il deficit di quelle attività antinfiammatoria e di stimolazione delle naturali difese antimicrobiche svolte dalla vitamina, che preservano i bronchi dalle infezioni respiratorie e dalla conseguente infiammazione, numerosi studi internazionali hanno concentrato la loro attenzione sull’argomento, cercando di dare risposte in questo senso.

Vorrei proporre, quindi, per chiarire meglio le cose, due diversi studi internazionali pubblicati.

  • Del primo mi paiono interessanti le conclusioni presentate a Londra nell’Ottobre del 2016, nel corso del Congresso dell’European Respiratory Society (ERS), una delle più autorevoli istituzioni scientifiche in tema di malattie respiratorie.
    Secondo quanto affermato dagli stessi ricercatori autori dello studio (metanalisi dei dati della letteratura scientifica pubblicati), sembrerebbe potersi confermare un moderato ottimismo relativo al ruolo favorevole che avrebbe una supplementazione di colecalciferolo (vitamina D 3) all’abituale terapia dell’asma della popolazione adulta (il dato non è attualmente estrapolabile, per analogia, anche a quella pediatrica), nel ridurre numericamente le crisi asmatiche delle forme moderato-severe della malattia (non di quelle lievi, n.d.r.).
    Per evitare eccessi di ottimismo, tuttavia, rilevo come tale pratica abbia consentito solamente di ridurre (dimezzamento del tasso di esacerbazione della malattia asmatica) il numero delle crisi asmatiche severe, ricomprendendo sotto tale definizione le crisi di dispnea sibilante di entità tale da richiedere assistenza in Pronto Soccorso o ricovero ospedaliero e quelle per le quali si sia reso necessario un intervento farmacologico suppletivo con cortisonici per via generale, non essendosi, invece, apparentemente documentata nessuna variazione di favore relativa ai parametri di funzionalità bronchiale e alla sintomatologia quotidiana dell’asma.
    In tal senso, inoltre, la riduzione del numero di crisi asmatiche nei pazienti trattati con vitamina D, si sarebbe dimostrato maggiore in coloro che presentavano un più importante deficit vitaminico.
    Questo potrebbe far riconsiderare il favorevole ruolo della supplementazione della vitamina D nella riduzione delle crisi d’asma di grado moderato-severo, riconducendolo ad un semplice fattore di riequilibrio della condizione di considerevole deficit vitaminico responsabile del maggior rischio di crisi dispnoiche, ben diverso dal ruolo di una vitamina D vista come fattore protettivo “universale” e indipendente sull’asma, che piacerebbe, invece, poterle riconoscere, ma che per il momento non pare dimostrato.
  • Anche del secondo studio, pubblicato nel giugno 2017 su the Journal of Allergy and Clinical Immunology, caposaldo internazionale della letteratura scientifica in tema di asma e allergologia (vedi “Malattie allergiche delle vie aeree” – “Pollinosi” – “Tosse e allergia: il parere dello pneumologo”), mi sembrano incoraggianti i primi dati conclusivi.
    Tale lavoro ha preso in considerazione i risultati della somministrazione alle gravide, nel corso del secondo e del terzo trimestre di gestazione, di vitamina D3 ad un dosaggio dieci volte superiore rispetto a quello delle 400 UI normalmente consigliate in gravidanza, individuandone una possibile azione favorevole sul sistema immunitario del neonato, tale da incidere positivamente su di un maggior grado di protezione dagli eventi infettivi respiratori e dall’asma.
    Purtroppo, tuttavia, i dati attuali riferiti solamente a considerazioni di carattere biochimico e funzionale “in vitro” (capacità di maggior precocità ed efficacia nella risposta immunitaria cellulare alle infezioni), non consentono ancora certezze in termini di oggettiva utilità clinica di quanto individuato con la ricerca, necessitando, per il momento, di ulteriori conferme, prima di poter concludere per un reale vantaggio al servizio di un maggior benessere respiratorio nella popolazione della fascia pediatrica (vedi “Asma del bambino: i 10 consigli dello pneumologo per l’asma in età pediatrica”).
  • A proposito di supplementazioni vitaminiche e di fattori naturali con la dieta a favore del controllo della patologia asmatica, si veda anche il mio articolo già pubblicato sul sito “Asma bronchiale, allergie e olio di pesce in gravidanza: lo pneumologo e la prevenzione”, nel quale sembra ipotizzabile un reale vantaggio sull’asma e sulle allergie respiratorie del nascituro, derivante dalla somministrazione suppletiva alle gestanti, nel corso del terzo trimestre di gravidanza, di olio di pesce ricco di “vitamina F” (acidi grassi essenziali polinsaturi a lunga catena (PUFA) di tipo omega-3).
    Anche in questo caso i vantaggi sembrerebbero conseguire a una favorevole azione antinfettiva svolta dalla vitamina F, quando somministrata in grandi quantità, sul sistema immunitario del feto in utero, capace di mantenersi poi, con un ruolo protettivo sull’asma e sulle malattie allergiche, fino all’età adulta (vedi “Asma allergico da acari della polvere: i consigli dello pneumologo” – “Asma allergico e allergie respiratorie: 20 consigli utili per l’igiene della casa”).

Conclusione

Mi sembra chiaro, al termine della presentazione di queste due ricerche, che i dati scientifici disponibili, per quanto interessanti, rappresentino attualmente più delle speranze che delle certezze nei termini di un reale vantaggio curativo rappresentato dalla vitamina D sull’asma.

Ciò appare ancor più evidente se rapportato a quella “vera marcia in più” nel controllo della malattia, indipendente dai fenotipi e dalla gravità della stessa, che piacerebbe poter immaginare e che, probabilmente, sostiene in parte le motivazioni di chi fa ricerca in questo campo, supportato anche dalla speranza di poter individuare, un giorno, la “novità” di successo che consenta di dare quella significativa svolta al trattamento della patologia asmatica che, almeno per il momento, sulla base dei dati esposti, non mi sembra possa ancora essere riconosciuta alla vitamina D.

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