Una delle domande che, come specialista in malattie dei polmoni e dei bronchi, mi sento spesso rivolgere dai genitori di un bambino asmatico ( asma bronchiale allergico) o di un bambino con allergie respiratorie (vedi “Malattie allergiche delle vie aeree” – “Pollinosi” – “Rinite allergica”), consiste nell’opportunità di regalare un cucciolo di animale di una qualsiasi specie al proprio figlio (cane, gatto o altro).
I bimbi, spesso insistenti nel richiedere la compagnia di un piccolo amico peloso, non considerano il fatto che, nel caso in cui siano affetti da asma bronchiale allergico o da forme allergiche respiratorie, pur avendo lo stesso diritto a divertirsi dei bambini che non soffrono di disturbi respiratori, sono soggetti ad una serie di restrizioni e di considerazioni indispensabili a salvaguardarne la salute respiratoria e non solo.
Per quanto, per certi aspetti del problema, non esista una visione univoca da parte degli pneumologi e degli allergologi, specie in età pediatrica, sul tema delle allergie respiratorie e dell’esposizione del paziente all’allergene animale, ritengo utile fare alcune osservazioni relative ai punti sui quali mi sembra esista una certa convergenza di vedute.
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Ritengo personalmente importante che il paziente asmatico sia a conoscenza del fatto che:
- Tutti i comuni animali domestici dotati di pelo possono potenzialmente essere responsabili di forme allergiche.
I cani come i gatti, certamente più diffusi, ma anche i coniglietti, le cavie, i criceti e i piccoli roditori possono spesso provocare allergie respiratorie con sintomi talora anche molto gravi.
I gatti sono generalmente responsabili di forme allergiche, asmatiche o anche solo oculo-rinitiche (sintomi solo a livello di occhi e naso), mediamente più importanti, per frequenza e intensità dei sintomi, rispetto a quelle provocate dal cane.
E non sono da scordare nemmeno gli uccellini variopinti, né gli uccelli da allevamento dei cortili, (polli, oche, tacchini, ecc.), in quanto anche loro, attraverso gli allergeni contenuti nelle loro piume, possono essere fonte di allergia e di tosse persistente senza spiegazione (vedi “ Tosse persistente dell’adulto e del bambino”), oltre alla possibilità di divenire veicolo di infezioni respiratorie in soggetti immunodepressi, tra le quali le infezioni da Salmonella, la criptococcosi polmonare (Criptococcus neoformans) e l’istoplasmosi polmonare ( Histoplasma capsulatum).
In certi casi un bell’acquario con tanti pesci colorati ai quali affezionarsi, per quanto meno coinvolgente rispetto ad un animaletto peloso, potrebbe rappresentare una passione alternativa al cucciolo, totalmente priva di rischi per chi soffra di problemi respiratori allergici. - Se non tutti gli studi pubblicati concordano sul fatto che i bimbi che crescono in presenza di un cane o di un gatto fin dai primi mesi di vita sono più protetti nei confronti della sensibilizzazione allergica non solo al cane e al gatto ma anche a molti altri tipi di animale domestico, è vero anche che una volta costituitasi tale tipo di reattività allergica, il permanere in presenza di cani e gatti aumenta il rischio di aggravamento dei sintomi della malattia asmatica.
- Nel caso in cui un soggetto si sia accorto di essere diventato allergico al gatto e non si voglia liberare dell’animale regalandolo, ad esempio, ad un amico, dopo essersi accertato che lo tratti bene, deve lavare molto bene l’animale almeno una volta alla settimana in acqua abbondante, prestando particolare cura alla pulizia delle orecchie.
La stessa cosa vale anche nel caso del cane.
Gli si dedichi uno spazio confinato nell’abitazione che consenta di limitare la diffusione dell’allergene volatile.
Se ne impediscano in modo assoluto gli accessi nelle camere da letto e si pulisca la casa con un aspirapolvere dotato di speciale filtro anti-acaro e anti-polline, dotando magari le stanze in cui si soggiorna di sistemi filtranti per la depurazione dell’aria (depuratori d’aria per ambienti) – (vedi “ Asma allergico e allergie respiratorie: i 20 consigli utili per l’igiene della casa”).
- Il vero agente responsabile della sensibilizzazione allergica non è il pelo dell’animale né la forfora dello stesso (desquamazione polverulenta della cute).
L’animale, con il suo leccarsi per pulirsi, trasporta l’allergene (Fel d 1) presente nella sua saliva sulla cute e sui peli e questi diventano veicolo della permanenza in sospensione nell’aria di una grande quantità di materiale dotato di capacità allergenica.
L’allergene del gatto è presente anche nelle secrezioni sebacee dell’animale (specie del maschio) ed è secreto da certe ghiandole maggiormente presenti nella regione anale e sul muso. - L’allergene del gatto può mantenersi intatto, da un punto di vista allergenico, anche a distanza di molti anni dall’allontanamento del gatto dall’ambiente ed è questo il motivo per cui, al momento della sua uscita di scena, è necessaria una pulizia energica della casa nella quale l’animale ha soggiornato che garantisca l’eliminazione dei residui allergenici presenti (vedi “Asma allergico e allergie respiratorie: i 20 consigli utili per l’igiene della casa”).
- Il fatto che il paziente non sia allergico all’animale, non vuol dire che lo rimanga per sempre!
O che non avendo mai avuto problemi nel passato al contatto con un animale, ciò autorizzi ad escludere la natura allergica di un asma bronchiale di nuova comparsa.
Tutte le allergie, per realizzarsi, hanno bisogno di un periodo di cosiddetta “sensibilizzazione”, tempo necessario a consentire quel contatto prolungato tra animale e uomo che lo rende allergico. - Si tenga presente che i cosiddetti “gatti ipoallergenici” (gatto siberiano – gatto Sphynx) non è vero che non siano allergenici, ma è vero invece che sono produttori di una minor quantità di allergene.
Anche tali gatti, quindi non possono definirsi “anallergici” (dotati di totale incapacità allergenica), ma al massimo ipo-allergenici (meno allergenici di altri).
I gatti maschi sono decisamente più allergenici dei gatti femmina ed il gatto castrato è il meno allergenico di tutti.
Esiste una reattività allergica crociata tra il gatto e altri felini (tigre, ghepardo, leopardo, ecc.), per cui gli asmatici con allergia al gatto dovrebbero prestare particolare attenzione agli spettacoli dei circhi che prevedano, nel programma, tale forma di attrazione. - Ricordare che l’allergene del gatto è praticamente ubiquitario (presente un po’ ovunque) ed è facile che un soggetto asmatico allergico al gatto possa entrare in ambienti in cui esistano felini o ci siano passati senza che lo sappia, rischiando in questo modo una crisi asmatica o una reazione allergica nasale o laringea talora serie (vedi “Laringite acuta e cronica” – “Rinite allergica ”).
La stessa considerazione va fatta per la permanenza di allergene presente sugli indumenti di soggetti non allergici che diventano veicolo di allergene a pazienti asmatici allergici (esempio: bimbi non allergici che vivano con un gatto in casa, sono in grado di trasferire a scuola, ad un bambino allergico, l’allergene del gatto sugli stessi vestiti indossati in casa e a scuola). - Tener presente che i soggetti allergici ad allergeni animali che insistano a mantenere in casa l’animale incriminato solo in quanto non responsabile di crisi respiratorie gravi, mantengono comunque una cronica infiammazione bronchiale (vedi anche “Iperreattività bronchiale aspecifica”) che più facilmente può scompensarsi con crisi asmatiche più gravi in presenza di cause irritative o infettivo-infiammatorie aggiuntive della vie aeree che diversamente provocherebbero poche conseguenze.
Tale condizione di ostruzione minima dei bronchi, in pazienti spesso privi di sintomi rilevanti, può essere svelata con la spirometria. - Può essere utile l’impiego di filtri-depuratori da ambiente nelle case in cui ci sia un animale allergenico al quale il paziente asmatico sia sensibilizzato.
La pratica del filtraggio attivo dell’aria, infatti, può determinare una rilevante riduzione della quantità di allergene animale presente nell’aria della stanza. - Può spesso capitare che il paziente si sottoponga ai test allergometrici e questi risultino negativi per la responsabilità dell’animale domestico con il quale il paziente allergico è a contatto.
Si presti attenzione, tuttavia, al fatto che nel caso di pazienti allergici agli acari della polvere domestica, questi possono essere presenti in grande quantità tra il folto pelo di animali che non sono direttamente responsabili della forma allergica respiratoria, ma che lo diventano di riflesso per la grande quantità di acari che nascondono. - Nel periodo dell’impollinazione delle piante gli animali domestici divengono importanti veicoli di allergie respiratorie, non tanto per la loro diretta responsabilità come allergeni, quanto per il loro ruolo di inconsapevoli trasportatori dei pollini allergenici intrappolati all’interno del loro pelo (vedi “Pollinosi”).
Di qui l’importanza, in questi casi, di impedire all’animale di frequentare indifferentemente sia l’ambiente esterno, sia quello interno della casa. - Ricordo come lo scopo di sottoporsi alle prove allergometriche risieda non tanto nella pura conoscenza di ciò che genera il problema allergico respiratorio, quanto nella possibilità di evitare poi finalmente il contatto tra paziente e allergene responsabile una volta individuato.
Conoscere la principale causa della propria malattia e rinunciare a eliminarla (potrebbe valere anche per il fumo di sigaretta), mi pare un comportamento per lo meno imprudente quando non pericoloso, specie se confrontato con i rischi che derivano da tale scelta.
Considerando, infatti, prioritaria la sicurezza del paziente, posso capire un simile modo di agire solo a patto che si defìinisca almeno una soluzione alternativa al separarsi dall’animale che sia garante di pari efficacia (vaccino, pulizia rigorosa dell’animale e dell’abitazione, depuratore ambientale, vietare l’ingresso all’animale nella stanza in cui si dorme, ecc.). - A proposito dei vaccini (immuno-terapia desensibilizzante specifica) ricordo come, per quanto la semplicità di assunzione degli stessi (orali) e la notevole riduzione dei rischi rispetto alle gravi reazioni di una volta (shock anafilattico, gravi crisi asmatiche, ecc.) ne abbiano favorito la diffusione, gli stessi non garantiscono in ogni caso la certezza del risultato, né possono rendere superflua la messa in atto di tutta la serie di misure atte a ridurre il contatto tra allergene e paziente.
Qualche volta, anzi, il paziente è portato ad abbassare la guardia proprio in quanto vaccinato, rischiando di mantenere più facilmente, seppure senza sintomi e specie se il vaccino non è stato completamente efficace, quella condizione permanente d’infiammazione allergica con minima ostruzione dei bronchi di cui parlavo prima e di cui il paziente non ha coscienza a meno che non pratichi un esame spirometrico. - Il consiglio è che prima di procedere all’acquisto di un cucciolo, che una volta entrato in casa ben difficilmente ne uscirebbe, se ne discuta con lo pneumologo che conosce e cura quel paziente asmatico e le sue manifestazioni respiratorie allergiche.
In quanto, mentre sarebbe eccessivo, in certi casi, allontanare l’animale dalla casa di un asmatico allergico agli animali senza neppure parlarne, troverei imprudente la persistenza dello stesso in una casa dove viva un paziente asmatico (bambino o adulto che sia) che soffra di crisi respiratorie allergiche, specie se particolarmente intense.
Ciò che fa la differenza nella pratica clinica, non è tanto la concomitante presenza di paziente allergico e animale allergenico nello stesso luogo, quanto le conseguenze che il secondo provoca sul primo per quella moltitudine di fattori che lo specialista è abituato a valutare.
Differenze che possono andare dall’intensità della reattività allergica del paziente, al tipo di sintomo allergico manifestato, fino alla individuale risposta ai farmaci in presenza di una crisi, per non dire di quei quadri allergici che, all’inizio solo nasali, possono divenire vera e propria asma con l’andar del tempo per la presenza in casa di un allergene animale al quale non ci si decida a rinunciare. - Si ricordi anche che allontanare dalla casa un animale al quale il piccolo si sia affezionato (ma ciò vale anche per gli adulti) rappresenta un trauma sia per l’animale sia per il bambino.
Proprio in considerazione delle inevitabili implicazioni non solamente allergologiche ma anche sentimentali ed emozionali che il rapporto paziente/animale definisce, considero fondamentale, da pneumologo e da psicoterapeuta, mettere sui piatti della bilancia ogni aspetto del problema, non dimenticando che il disagio emotivo-emozionale è spesso causa di scompenso asmatico (vedi anche ” Asma bronchiale: malattia da conoscere” e “Disturbi respiratori a base ansiosa e depressiva”).
Si lasci quindi una corretta e intellettualmente onesta valutazione della situazione generale in mano allo specialista, in quanto la varietà di situazioni e di implicazioni cliniche che in questo tipo di problema si possono presentare necessita di una guida esperta in problemi respiratori anche allergici che, se troppo semplicisticamente ed empiricamente gestiti dal paziente, rischiano di rappresentare una sicura base per futuri danni.
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