L’asma bronchiale (vedi “Asma bronchiale: malattia da conoscere”), come già affermato in un mio precedente articolo (vedi “Asma psicosomatico: il parere dello pneumologo e dello psicoterapeuta”), può riconoscere alla base dei meccanismi che ne attivano o che ne facilitano il broncospasmo, non solamente l’iperreattività bronchiale aspecifica, ma altresì dinamiche “non fisiche” secondarie allo scompenso psichico di vissuti emozionali fuori controllo.
Una teoria dell’asma, quindi, che prenda in considerazione non solamente gli aspetti “fisici” della malattia (fisiopatologici, allergologici, infiammatori, ecc.), ma anche quelli “psichici”, neurologici e neurovegetativi, in grado di spiegare anche ciò che con la sola teoria “organica“ non è possibile spiegare.
Entrambi questi due diversi aspetti sono, per ciò che si riferisce alla loro comune conseguenza (il broncospasmo), rilevabili con la spirometria che, per quanto in grado di documentare l’ostruzione dei bronchi, non è tuttavia in grado di distinguere tra le due diverse componenti “fisica” e “psicologica” del problema.
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Se, infatti, con la teoria dell’allergia e dell’infiammazione è agevole dimostrare in quale modo la presenza del polline al quale il paziente si sia sensibilizzato possa essere responsabile di una crisi respiratoria asmatica (vedi “Pollinosi” – “ Malattie allergiche delle vie aeree” – “Tosse e allergia: il parere dello pneumologo”), sembra molto meno facilmente spiegabile, con le stesse teorie, una crisi d’asma che origini subito dopo un forte stress emotivo, dopo uno spavento, o successivamente all’intensa emozione provocata dal gol subito dalla squadra del cuore.
Allo stesso mondo degli aspetti non “fisici” dell’asma, aventi tuttavia inequivocabili rapporti con essa, appartengono sia i disturbi d’ansia, sia i disturbi depressivi.
Asma e relazione con aspetti ansiosi, depressivi e di stress
Oltre a quanto già affermato nel mio articolo sull’asma psicosomatico, cercherò ora di prendere in considerazione gli aspetti ansiosi, depressivi e dello stress del vivere, riferiti alla loro talora biunivoca relazione con la malattia asmatica.
- Asma e ansia
Come si conviene alle più classiche malattie psicosomatiche, alcuni casi d’asma e i relativi meccanismi che ne regolano gli effetti clinici sul paziente, appartengono alla dimensione dei disturbi della persona che possono dare segno di sé manifestandosi con sintomi fisici (gli organi colpiti sono i più diversi), generati da disturbi emotivi.
Ciò sembra vero, in modo particolare, più nei bambini e nei giovani asmatici piuttosto che nei pazienti di età più avanzate.
In questo caso l’ansia, cioè quel vago disturbo che infastidisce il paziente come un vero e proprio “rumore di fondo” in grado di creare disturbo senza che il paziente riesca razionalmente a focalizzarne le ragioni, può in certi casi favorire una crisi asmatica, specie quando, attivandosi in modo intenso e improvviso come nel caso degli attacchi di panico, scarichi tutta la sua energia patologica sui bronchi.
I meccanismi fisiopatologici sottesi che possono spiegare il fenomeno, diversamente senza spiegazione se non si cerca altrove rispetto alla sola teoria dell’infiammazione/allergia, opererebbero attraverso l’attivazione del sistema nervoso neurovegetativo parasimpatico (sistema del nervo vago), in grado di provocare il broncospasmo attraverso l’intervento di vie nervose che impiegano il neuromediatore acetilcolina, avente effetto spastico sui bronchi.
Ma in questo gioco di precari equilibri psichici in grado di generare una crisi asmatica con i meccanismi visti sopra, è possibile notare come anche una crisi d’asma che rispetti i più canonici meccanismi dell’allergia/infiammazione, sia in grado di generare ansia nel paziente nel momento in cui lo stesso trovi una particolare difficoltà a gestire e accettare il suo disturbo.
Pensiamo, ad esempio, ad un paziente asmatico che nel corso di un rapporto sessuale, accusando una crisi d’asma dovuta magari allo sforzo dell’attività sessuale, divenga al contempo anche ansioso per la crisi respiratoria fuori programma, complicando con l’ansia un atto fisico già reso più difficile dalla comparsa della crisi asmatica.
O ad un paziente ansioso, affetto da crisi asmatiche scatenate anche da condizioni di particolare attivazione emotiva, che apprestandosi ad un rapporto sessuale e temendo un insuccesso secondario ad una temuta crisi respiratoria, inizi ad accusare una crisi asmatica favorita proprio dallo stato emotivo.
Entrambe queste due diverse condizioni legate all’ansia, dimostrerebbero la vera e propria relazione biunivoca che, in qualche caso, può legare lo stato d’ansia con il disturbo asmatico e che giustifica un intervento curativo rivolto non solamente al controllo farmacologico del broncospasmo e dell’infiammazione bronchiale, ma anche al riequilibrio degli scompensi e delle criticità emotive. - Asma e depressione
Alcuni lavori scientifici documentano come, nel paziente affetto da asma bronchiale, la depressione sia presente con una frequenza doppia rispetto al resto della popolazione non affetta da asma, specie nella fascia adulta e, ancor di più, negli anziani.
Non è ancora chiaro se sia l’asma a facilitare l’insorgenza di stati depressivi o se uno stato depressivo determini nel paziente una percezione della malattia asmatica meno favorevole, anche sé è facile ipotizzare entrambe queste possibilità diversamente vissute da un paziente all’altro.
L’asmatico depresso, inoltre, tende a trovare con maggiore difficoltà gli spunti necessari a motivare la rigorosa adesione alla terapia farmacologica (compliance) richiesta per garantire il risultato e ridurre il rischio di future crisi respiratorie.
Nel paziente asmatico affetto da concomitante stato depressivo sembrano più accentuate le percezioni negative dei sintomi dell’asma in quanto, la condizione depressiva, tende a portare la persona a valutare con minore “resilienza”, intesa come la capacità di saper far fronte alle avversità, ogni aspetto dell’esperienza umana.
Un paziente asmatico depresso, quindi, rischia di vivere molto peggio la sua condizione asmatica, sentendo per sé meno disponibile il controllo della malattia con la terapia, accettando meno la necessità di proseguire con una regolare assunzione dei farmaci prescritti e, in senso più generale, sentendo meno la possibilità di accettare l’asma come una patologia gestibile, a patto che se ne accettino prescrizioni terapeutiche e corretti stili di vita. - Asma e stress
Come si evince da quanto sopra esposto, nonostante sia ancora in corso una valutazione scientifica dei reali correlati tra aspetti disfunzionali dell’assetto emotivo e la malattia asmatica, lo stress quotidiano sembrerebbe in grado di agire, vuoi attraverso una facilitazione dei vissuti ansiosi, vuoi attraverso un’esacerbazione delle percezioni negative dei pazienti affetti da disturbi depressivi dell’umore, rendendo più complessa la gestione di una malattia asmatica qualche volta già di per sé seria.
Conclusione
In attesa di conclusioni scientificamente più precise che consentano di definire meglio i meccanismi e le reali implicazioni tra disturbi emotivi e asma, non potendo ignorare la casistica clinica che riporta casi di pazienti asmatici che risentono negativamente di un cattivo controllo dei personali vissuti ansiosi o depressivi, il consiglio che posso dare, nel mio doppio ruolo di pneumologo e di psicoterapeuta, è di non ignorare, nel “pacchetto” terapeutico a disposizione del paziente asmatico la possibilità offerta dalle terapie dei disturbi della psiche (psicoterapia) e dalle tecniche di rilassamento del corpo e del respiro (yoga, training autogeno, ecc.), in grado di rappresentare, qualche volta, quella “marcia in più” rispetto alla sola terapia farmacologica del broncospasmo.
E’ nella disponibilità dell’esperienza clinica di ogni pneumologo esperto notare come, un paziente asmatico tranquillo e sereno nonostante la sua malattia respiratoria, sia in grado di affrontare meglio l’asma, trovando maggiori benefici in un approccio clinico globale che lo consideri anche, e forse prima di tutto, “persona” prima che “paziente”.
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