Fa parte delle realtà cliniche affrontate dallo specialista pneumologo la cosiddetta “polmonite non-polmonite”.
Più nota con i termini di polmonite organizzata criptogenetica (COP) o bronchiolite obliterante – polmonite in organizzazione (BOOP), essa corrisponde a una patologia respiratoria infiammatoria non infettiva che interessa i bronchi più piccoli (bronchioli) e i polmoni, rendendosi responsabile di una serie di alterazioni anatomiche e funzionali respiratorie che ricordano una più classica polmonite, senza rispondere tuttavia favorevolmente alla terapia antibiotica che è, invece, in grado di guarire la polmonite batterica.
L’iniziale quadro clinico della COP/BOOP, di tipo simil-influenzale, consiste in una condizione caratterizzata da malessere generale e stanchezza persistente che insorge in modo meno acuto rispetto alla classica polmonite infettiva, accompagnata da tosse, febbre, dispnea (difficoltà respiratoria) di entità variabile in funzione della gravità del quadro clinico e dell’estensione polmonare del processo infiammatorio, con perdita dell’appetito e conseguente perdita di peso.
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Talvolta questi sintomi tendono a comparire in modo subdolo e possono permanere per diverse settimane, aggravandosi solo in certi casi, rendendo più difficile la diagnosi per il fatto che, spesso, questo quadro clinico e radiologico viene scambiato per qualche settimana per una polmonite batterica.
Ciò che più colpisce, tuttavia, e che porta a un certo punto a rivalutare la diagnosi di polmonite batterica, è la mancata risposta clinico-radiologica in corso di terapia antibiotica, con mancato isolamento di microorganismi all’esame dell’espettorato e sul sangue e con negatività degli indici di infiammazione/infezione.
Gli esami funzionali respiratori praticati in corso di COP/BOOP (spirometria) consentono di documentare un quadro di deficit respiratorio restrittivo (riduzione dei volumi polmonari), in assenza di compromissione ostruttiva bronchiale.
Assai compromessa appare la capacità di diffusione alveolo-capillare dell’ossigeno, documentabile con il test di diffusione del monossido di carbonio (DLCO).
La saturazione dell’emoglobina (ossimetria) e l’emogasanalisi arteriosa documentano un deficit di ossigeno (ipossia), già spesso presente a riposo e aggravantesi in corso di attività fisica fino all’insufficienza respiratoria che rende indispensabile la somministrazione dell’ossigeno (ossigenoterapia).
Il lavaggio bronchiolo-alveolare (BAL) in corso di fibrobroncoscopia (FBS) documenta la presenza di un’alveolite linfocitaria (linfociti fino al 45%), con presenza più contenuta di granulociti eosinofili e neutrofili.
Anziché assistere a una progressiva riduzione dei sintomi e dell’interessamento polmonare radiologico in corso di antibioticoterapia, si assiste, purtroppo, a una pressoché totale inefficacia della terapia in atto (vedi “Polmonite che non guarisce e polmonite che si ripete: i consigli dello pneumologo”), con persistenza, e anzi in certi casi addirittura con un aggravamento, delle manifestazioni polmonari presenti sulla radiografia del torace, con mancata risoluzione o incremento delle lesioni polmonari già presenti o con comparsa di altre lesioni in sedi polmonari prima indenni.
Le aree polmonari interessate dal processo patologico sono più caratteristicamente quelle più periferiche, con presenza frequentemente bilaterale delle stesse.
Alla TAC del torace ad alta risoluzione senza mezzo di contrasto (HRCT del torace), sono spesso riconoscibili aree di addensamento polmonare (consolidazioni) con cosiddetto “broncogramma aereo” (il rispetto dell’integrità dei bronchi deporrebbe per un processo patologico non tumorale) e frequente riscontro di immagini radiologiche cosiddette “a vetro smerigliato”.
Talvolta la COP/BOOP è l’esito di malattie infettive batteriche o virali, o può conseguire a patologie autoimmuni già presenti quali l’artrite reumatoide, o agli effetti irritanti di tossici inalati o di fumi tossici, oppure, ancora, può rappresentare l’effetto avverso di certi farmaci, tra i quali l’amiodarone, farmaco antiaritmico usato in cardiologia, o le statine impiegate per il trattamento dell’iper-colesterolemia.
Nella COP/BOOP le manifestazioni anatomo-potologiche corrispondono a un processo infiammatorio cronico con fibrosi cicatriziale (organizzazione) che inizia e si mantiene all’interno degli alveoli polmonari e dei bronchioli, conseguente a quei processi infiammatori iniziali non infettivi (essudato alveolo-bronchiolare) che poi determinano la COP/BOOP.
Per quanto la diagnosi di certezza contempli la necessità di praticare una fibrobroncoscopia (FBS) con biopsia trans-bronchiale o una biopsia polmonare trans-parietale con ago sottile sotto guida TAC, unici esami in grado di fornire la conferma istologica, il quadro clinico particolare, la documentazione radiologica seriata nel tempo e l’assenza di risposta alla terapia antibiotica consentono spesso allo pneumologo esperto di trattare il paziente, pur in assenza di una conferma istologica, con una terapia cortisonica adeguata per quantità e tempi.
Il farmaco prevalentemente impiegato è il prednisone, da somministrare a dosaggio generoso e per tempi sufficienti a escludere recidive (anche per mesi).
L’esperienza dello specialista può consentire di risolvere spesso il quadro clinico di COP/BOOP senza dover necessariamente ricorrere ai più rischiosi esami diagnostici ricordati sopra, riducendo in ogni caso al minimo il rischio di recidive della malattia, comunque contemplato in un certo numero di casi nonostante si adotti un’adeguata terapia cortisonica e contenendo al minimo il rischio di effetti collaterali indesiderati secondari all’uso prolungato del cortisone.
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