Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino

Tubercolosi

Dott. Enrico Ballor

Che cos’è la Tubercolosi?

La tubercolosi, nota anche come TBC o tisi, è una malattia infettiva provocata dal bacillo di Koch (Mycobacterium tuberculosis).

Definita in epoche passate “mal sottile” o “consunzione” (in greco “phthisis”) per il fatto che sembrava consumare le persone dall’interno, riconosce diversi termini con i quali vengono indicate particolari presentazioni d’organo:

  • tisi polmonare (phthisis pulmonalis): forma polmonare della tubercolosi
  • scrofula: infezione tubercolare localizzata ai linfonodi latero-cervicali del collo, con tendenza alla suppurazione e alla colliquazione cronica ulcerativa del collo
  • lupus vulgaris : manifestazione cutanea della tubercolosi
  • morbo di Pott: localizzazione vertebrale, con tendenza alla diffusione “a colata”, lungo la colonna, dell’infezione tubercolare da una vertebra all’altra (ascesso ossifluente), responsabile di crolli vertebrali e deformità permanenti del rachide (gibbo tubercolare).

Nel presente testo si farà riferimento prevalentemente alla tubercolosi polmonare, essendo l’interessamento dei polmoni prevalente rispetto a quello di altri organi.

Qual è la causa della tubercolosi?

Come già detto, il batterio responsabile della tubercolosi umana (TBC) è il Mycobacterium tuberculosis, che raggruppa nel cosiddetto “Mycobacterium tuberculosis complex” vari bacilli patogeni per l’uomo: M. tuberculosis hominis (MTB), M. africanum, M. canettii, M. microti, M. Bovis.

Ci sono poi altri micobatteri patogeni che non causano tubercolosi (micobatteri non tubercolari), ma che provocano malattie polmonari simili alla tubercolosi (micobatteriosi) e che vengono raggruppati sotto la sigla MOTT ( mycobacteria other than tuberculosis).

Tra questi, Mycobacterium avium complex e Mycobacterium kansasii.

Come si trasmette la tubercolosi polmonare?

La tubercolosi umana si trasmette per via aerea (microscopiche goccioline di saliva (gocciole di Pflugge) emesse con i colpi di tosse) localizzandosi prevalentemente ai polmoni, tanto che la tubercolosi polmonare ne rappresenta la forma di gran lunga più frequente.

Non tutti i soggetti in cui si trasmette il bacillo di Koch (soggetti infettati) si ammalano di tubercolosi, in quanto il contagio con il micobatterio definisce solamente la condizione di “tubercolosi latente” (chiamata anche LTBI, da latent tuberculosis infection).

Il soggetto è infettato ma asintomatico, potenzialmente in grado di produrre, solamente in un 10% dei casi, una malattia tubercolare (tubercolosi attiva) favorita da fattori legati all’ospite che rendono possibile la crescita del bacillo (deficit immunitari, AIDS, tossicodipendenti, bimbi piccoli, anziani defedati da malattie croniche, depressione immunitaria in pazienti portatori di tumori maligni, pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori quali il cortisone, ecc.).

Tra questi, la mortalità dei casi non trattati di tubercolosi attiva è superiore al 50%.

Quali conseguenze provoca il micobatterio della tubercolosi?

La tubercolosi umana fa parte delle cosiddette malattie “granulomatose”, in quanto la lesione elementare provocata dai bacilli di Koch è il granuloma tubercolare, consistente in un piccolo nodulo infiammatorio cronico tendente alla confluenza con altri analoghi, costituito da un agglomerato microscopico di cellule infiammatorie (macrofagi, linfociti T, linfociti B e fibroblasti) facenti parte del sistema immunitario di difesa dell’organismo.

E’ frequente sentir definire erroneamente il granuloma tubercolare (cioè la vera lesione elementare della tubercolosi) con il termine “tubercoloma”, mentre tale espressione dev’essere riservata a quelle lesioni polmonari di natura fibrotico-cicatriziale, esito ormai inattivo di vecchie lesioni tubercolari, che nella radiografia del torace possono spesso simulare un tumore polmonare (vedi anche “Noduli polmonari”).

I bacilli penetrati nell’organismo attraverso le vie aeree vengono inglobati dai macrofagi nel momento in cui il bacillo presente nell’aria inspirata giunge negli alveoli polmonari (primo contatto).

Successivamente i linfociti circondano i macrofagi infetti e contribuiscono alla formazione del granuloma tubercolare che riduce la possibilità di progressione della malattia e che produce, ad opera dei linfociti, sostanze di difesa.

I linfociti T-helper (CD4+) producono interferon-γ (citochina) che attiva i macrofagi a distruggere i bacilli infettanti contenuti al loro interno, mentre i linfociti T-suppressor (CD8+) uccidono in modo più diretto i macrofagi infettati.

Il granuloma tubercolare tende a evolvere in un’area centrale necrotica (morte cellulare) che da luogo alla formazione di una sostanza a occhio nudo simile al formaggio (dal latino: caseum) e che per questo viene definita “necrosi caseosa”.

Né i granulomi delle micobatteriosi non tubercolari (MOTT), né i granulomi della lebbra (lepromi), né quelli della sarcoidosi (granuloma sarcoide) (vedi anche “Sarcoidosi”), né alcun altro tipo di granuloma della patologia umana (M. di Wegener, ecc.), ha una simile caratteristica evoluzione dei suoi granulomi.

All’interno dei macrofagi i bacilli di Koch possono rimanere vivi ma inattivi per anni (bacilli dormienti), pronti ad attivarsi e a sviluppare malattia nel momento in cui si verifichi un occasionale calo della vigilanza immunitaria.

La guarigione dalla malattia può esitare in reliquati a distanza consistenti in zone di fibrosi polmonare, in bronchiectasie (vedi anche “Bronchiectasie e bronchite cronica bronchiectasica”) o in estesi interessamenti pleurici calcifici con aspetto a corazza (pachipleurite calcifica). In circa un 15-20% dei casi di malattia attiva, i bacilli possono diffondere al di fuori delle vie aeree (tubercolosi extra-polmonare) attraverso la circolazione sanguigna, raggiungendo ogni altra parte dell’organismo e provocando malattia diffusa (forma miliarica) o specifiche localizzazioni d’organo con stati di malattia e sintomi organo-specifici:

  • pleura: pleurite tubercolare e tubercolosi pleurica (vedi anche “Versamento pleurico”).
    Esita frequentemente in pleurite calcifica talora molto estesa (pachipleurite calcifica) con gravi deficit funzionali respiratori
  • ossa: osteomielite tubercolare (TBC ossea) e morbo di Pott (vedi prima)
  • meningi: meningite tubercolare
  • rene e apparato uro-genitale: tubercolosi renale e uro-genitale
  • linfonodi latero-cervicali: adenite tubercolare, con formazione della scrofula (lesione tubercolare con tendenza ulcerativa del collo)
  • tubercolosi intestinale: spesso scambiata per malattia infiammatoria cronica dell’intestino (IBD) o per colon irritabile
  • tonsille: infezione tonsillare con frequente interessamento dei linfonodi del collo.

Quali sono i sintomi della tubercolosi polmonare?

I sintomi della tubercolosi polmonare sono:

  • tosse secca persistente, talora estremamente produttiva (secrezioni bronchiali che possono contenere micobatteri)
  • espettorazione muco-purulenta grigiastra
  • possibile presenza si sangue nell’espettorato (emottisi)
  • possibile dolore toracico
  • febbre (spesso non molto elevata)
  • anoressia
  • dimagrimento
  • astenia
  • anemia
  • pallore
  • sudorazione prevalentemente notturna
  • ipotensione arteriosa
  • rara emottisi massiva che porta a morte il paziente per sommersione interna, cioè per improvviso allagamento dei polmoni in seguito a rottura di aneurisma arterioso situato all’interno di un’area di tessuto polmonare colpito dalla malattia (aneurisma di Rasmussen).

Come si fa la diagnosi di tubercolosi?

Alla diagnosi di tubercolosi si giunge attraverso:

  • prima di tutto pensandoci (!), vista la frequenza di riscontro non elevata e la facilità con la quale la malattia può essere scambiata con altri quadri patologici polmonari
  • attenta anamnesi del paziente e visita medica
  • radiografia del torace ed eventuale successivo approfondimento con la TAC (esclusione di quadri clinici simili)
  • isolamento microscopico nell’espettorato o nel secreto bronchiale (fibrobroncoscopia) dei pazienti con malattia attiva di bacilli alcool-acido resistenti (BAAR) attraverso la colorazione di Ziehl-Nielsen (dimostrazione di bacilli di colore rosso intenso in campo azzurro)
  • esame colturale su terreni di coltura dedicati: la lentissima crescita del micobatterio gioca a sfavore di un rapido inizio della terapia se basato sulla conferma microbiologica colturale
  • test cutanei tubercolinici intradermici (intradermoreazione di Mantoux)
  • test su siero (Quantiferon)

Poiché l’esito dei test cutanei ed il dosaggio del Quantiferon (interferon-γ prodotto) possono produrre risposte simili tra soggetti infettati ma non ammalati (tubercolosi latente – LTBI) e soggetti con malattia tubercolare attiva, gli stessi devono essere attentamente valutati prima di procedere con la terapia solo sulla base di una loro positività.

Qual è la terapia della tubercolosi?

La terapia della tubercolosi è oggi gravata da una pericolosa resistenza agli antibiotici anti-tubercolari esistenti, con forme di malattia spesso poco o non responsive ai trattamenti e, per questo, non di rado mortali:

  • tubercolosi multiresistente (MDR-TB): tubercolosi resistente ai due farmaci antitubercolari di prima linea più diffusamente impiegati e di maggior efficacia (rifampicina e isoniazide)
  • tubercolosi estensivamente resistente ai farmaci (XDR-TB): resistente anche a tre o più dei farmaci di seconda linea
  • tubercolosi totalmente resistente ai farmaci (TDR-TB): resistente a tutti i farmaci attualmente in uso e, come tale, incurabile.

In relazione alla classificazione delle resistenze ai farmaci si ricorda che i farmaci di prima linea sono rappresentati da:

  • rifampicina:
  • isoniazide
  • etambutolo
  • pirazinamide
  • streptomicina
  • rifabutina

I farmaci di seconda linea sono rappresentati da:

  • terizidone
  • etionamide
  • protionamide
  • cicloserina
  • amikacina
  • capreomicina
  • kanamicina
  • acido paraminosalicilico (PAS)
  • levoflossacina
  • ciproflossacina
  • moxiflossacina

Altri antibiotici con possibile attività anti-micobatterica sono:

  • amossicillina + acido clavulanico
  • claritromicina
  • imipenem
  • meropenem
  • linozelid
  • clofazimina

Rifampicina e isoniazide rappresentano oggi i principali antibiotici antitubercolari in uso ma, come descritto prima, molti altri farmaci devono integrare il loro impiego per ridurre la possibilità che si creino resistenze al trattamento anche in corso di terapia.

Per essere efficace la terapia dev’essere battericida, deve cioè determinare la morte dei bacilli e non solamente una loro quiescenza o un rallentamento della loro crescita (effetto batteriostatico) e inoltre dev’essere proseguita per molti mesi.

In presenza, poi, di infezione latente (soggetti infettati ma non ammalati di TBC) è possibile trattare i pazienti a rischio di attivazione di malattia in previsione di trattamenti o situazioni che contemplino una diminuzione della competenza immunitaria (soggetti asintomatici con test diagnostici positivi per infezione che debbano essere sottoposti a trapianto di midollo osseo o trapianto d’organo, soggetti in trattamento chemioterapico per tumori, soggetti in trattamento cronico con cortisonici o con altri immunosoppressori, ecc.).

La terapia della tubercolosi rappresenta oggi una realtà altamente specialistica e dev’essere pertanto affrontata da pneumo-tisiologi ed infettivologi esperti presso luoghi di cura dedicati, anche in virtù dei gravi effetti collaterali provocati dai farmaci impiegati per curarla, quali:

  • tossicità epatica talora anche letale (epatite acuta da isoniazide e rifampicina)
  • tossicità sulle cellule del sangue (deficit di piastrine da rifampicina e riduzione dei globuli bianchi da rifabutina)
  • tossicità cutanea da rifampicina
  • tossicità uditiva irreversibile da streptomicina
  • tossicità renale da streptomicina
  • neuropatia periferica da isoniazide ed etambutolo
  • neurite ottica da etambutolo

Non esiste ancora, a tutt’oggi, un vaccino affidabile per la prevenzione della tubercolosi, essendo l’unica strategia premiante rappresentata dall’identificazione e dal corretto trattamento dei soggetti con malattia attiva e dei loro familiari e conviventi.

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