Dott. Enrico Ballor – Pneumologo Torino

Pneumoconiosi e Pneumopatie Professionali

Dott. Enrico Ballor

Che cosa s’intende per pnemoconiosi?

Con il termine pnemoconiosi viene indicata una classe di malattie polmonari croniche provocate dall’inalazione ripetuta nel tempo di polveri o fumi di sostanze inorganiche sia minerali che metalliche, presenti nell’ambiente (pneumoconiosi non professionali, come una parte delle antracosi) o provenienti da contatti e lavorazioni industriali (pneumoconiosi che configurano vere e proprie pneumopatie professionali).

Quali sono le conseguenze delle pnemoconiosi professionali?

La cronica deposizione di polveri e sostanze inerti inorganiche inalate all’interno dell’albero bronchiale e dei polmoni determina nel tempo, in molti casi, un danno non riparabile a livello dell’interstizio polmonare (fibrosi) – (vedi anche “ Fibrosi polmonare idiopatica e non”), struttura di sostegno dei polmoni intorno alla quale si sviluppano gli alveoli polmonari che rappresentano le unità funzionali più elementari in grado di trasferire ossigeno al sangue e di estrarre anidride carbonica dallo stesso per eliminarla dall’organismo.

Nel caso di alcune sostanze, la progressiva sostituzione, nel tempo, del tessuto polmonare sano con tessuto fibrotico incapace di consentire la funzione respiratoria dei polmoni garantita dagli alveoli polmonari normo-funzionanti, procura al paziente una malattia respiratoria ad andamento progressivo e aggravantesi nel tempo (fibrosi polmonare, enfisema polmonare, pleurite cronica con ispessimento pleurico anche calcifico) che può giungere a uno stadio di compromissione respiratoria funzionale talmente importante da rendere assai difficoltosa e talora impossibile la capacità respiratoria (insufficienza respiratoria), fonte per il paziente di notevole dispnea (disagio respiratorio) – (vedi anche “Insufficienza respiratoria e ossigenoterapia”).

In alcuni casi, poi, quando la polvere o la sostanza inalata possiede un rischio documentato di cancerogenicità, come nel caso di amianto e berillio (vedi anche “ Asbestosi” – “Mesotelioma maligno della pleura” – “Versamento pleurico” – “Tumore ai polmoni e ai bronchi”), esiste per il paziente un aumentato rischio di sviluppare, anche a distanza di molti anni dall’avvenuto contatto, oltre ad una pleurite cronica, anche un tumore polmonare o bronchiale (adenocarcinoma polmonare) o un tumore maligno della pleura (mesotelioma maligno della pleura nel caso di esposizione all’amianto) o del peritoneo (la membrana che avvolge i visceri addominali), patologie neoplastiche gravate purtroppo da un’elevatissima mortalità.

In questi casi l’evoluzione tumorale può avvenire, a distanza di anni dall’esposizione alla sostanza, anche in assenza di pnemoconiosi professionale conclamata.

In alcuni casi, invece, la sostanza inorganica inalata può dar luogo a semplice accumulo senza particolari conseguenze respiratorie, come nel caso di alcune forme di antracosi, baritosi, siderosi e stannosi (vedi dopo).

Quali sono le pnemoconiosi e le relative pneumopatie professionali?

Le diverse pneumoconiosi (professionali e non professionali) si distinguono in base alle diverse sostanze inalate e sono rappresentate dai seguenti quadri clinici:

  • Antracosi (carbone)
    Il termine antracosi individua sia la semplice deposizione di micro-particelle di carbone presenti in sospensione nell’aria inquinata urbana (smog) e nel fumo di tabacco, senza che ciò configuri una vera e propria patologia respiratoria (antracosi semplice), sia la patologia polmonare avente le caratteristiche cliniche della pneumoconiosi dei minatori di carbone, derivata dalla cronica inalazione di grandi quantità di polveri di tale materiale, situazione comune anche agli addetti alla produzione di grafite e di elettrodi di carbone.
    La tendenza della polvere di carbone a generare fibrosi polmonare è molto scarsa e pertanto i lavoratori esposti a tale sostanza subiscono un’evoluzione fibrotica dei polmoni in una bassissima percentuale di casi.
    Tuttavia, i lavoratori addetti alla lavorazione dell’antracite, carbone fossile contenente elevate quantità di carbonio associato a silicio, sostanza particolarmente attiva nel provocare fibrosi polmonare, hanno una frequente tendenza a sviluppare quadri clinici di fibrosi polmonare, con tutte le conseguenze relative a tale grave compromissione anatomica e funzionale dell’apparato respiratorio che può frequentemente esitare in insufficienza respiratoria (vedi anche “Insufficienza respiratoria e ossigenoterapia”).
    Tale patologia respiratoria professionale è spesso causa di enfisema polmonare centrolobulare (vedi anche “Enfisema polmonare” e “Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)” ) e di bronchite cronica (vedi anche “Bronchite acuta e cronica) ”, espone più facilmente alla tubercolosi polmonare (vedi anche “Tubercolosi”), mentre vi è scarsa correlazione tra l’inalazione cronica di polveri di carbone e il successivo sviluppo di tumori maligni polmonari o pleurici.
  • Asbestosi (amianto)
    Vedi sul sito la patologia “Asbestosi”.
  • Baritosi (solfato di bario)
    Rientra tra le pneumoconiosi professionali da semplice accumulo e si caratterizza per l’importante interessamento radiologico, conseguente alla radioopacità del bario, che contrasta con l’assoluta benignità prognostica del quadro clinico.
  • Berilliosi (sali di berillio)
    La cronica inalazione di questa sostanza configura un quadro clinico-radiologico molto caratteristico caratterizzato dalla presenza di una granulomatosi cronica ad eziologia nota, che si accomuna alla sarcoidosi (vedi anche “Sarcoidosi”) per la presentazione clinica e anatomopatologica, ma che contrasta con essa per l’eziologia che, nel caso della sarcoidosi, rimane ancora sconosciuta.
    Ne sono colpiti particolarmente i lavoratori addetti alla fabbricazione di lampade fluorescenti o che trattino polveri fluorescenti, oltre ai lavoratori dell’industria aerospaziale, nucleare ed elettronica.
    La berilliosi è una pneumoconiosi professionale che comporta un aumentato rischio di successivo sviluppo di tumore maligno del polmone.
  • Siderosi (polveri ferrose)
    Pneumoconiosi conseguente all’inalazione di pulviscolo ferruginoso che interessa i saldatori ad arco, gli addetti al trattamento dell’arenaria rossa (fabbricazione della carta) e dello smeriglio rosso, i limatori e i molatori di ferro e nei tempi passati gli arrotini.
    In questa pneumoconiosi, che rientra tra quelle da semplice accumulo, manca l’evoluzione in fibrosi interstiziale diffusa, tranne nei casi in cui la polvere ferrosa sia mescolata a silice, nel qual caso l’evoluzione fibrotica è più frequente.
  • Silicosi (silice o biossido di silicio – SiO2)
    E’ la più diffusa pnemoconiosi responsabile di fibrosi polmonare e riguarda gli operai delle fonderie, i minatori e gli occupati nelle cave di quarzo, gli addetti allo scavo di gallerie, i molatori e gli odontotecnici, gli addetti alla sabbiatura e alla produzione di saponi abrasivi, il personale a contatto con polveri abrasive, il personale addetto alla frantumazione di ghiaia, graniti e materiali di quarzo e i produttori e lavoratori del vetro, porcellane, ceramiche e maioliche.
    L’evoluzione clinica consiste nel quadro della fibrosi polmonare (vedi anche “Fibrosi polmonare”), con grave interessamento clinico e radiologico del polmone dose-dipendente (lesioni nodulari) e frequente coinvolgimento dei linfonodi (calcificazioni a guscio d’uovo) e della pleura (pachipleurite).
    Il quadro della silicosi polmonare può frequentemente complicarsi con tubercolosi (silico-tubercolosi) o con infezione da micobatteri atipici (MOTT) – (vedi anche “Tubercolosi”).
  • Stannosi (ossido di stagno)
    Pneumopatia professionale che rientra tra le pneumoconiosi da semplice accumulo che, come tale, presenta a distanza di anni un quadro radiologico caratterizzato dalla presenza di opacità nodulari dense in assenza di un’evoluzione in fibrosi polmonare.
    Colpisce soggetti sottoposti alla cronica inalazione di polveri o fumi di stagno e i minatori che estraggono tale sostanza.
  • Talcosi (talco)
    Pneumoconiosi conseguente all’inalazione di silicato di magnesio, le cui manifestazioni cliniche ricordano quelle dell’asbestosi polmonare (vedi anche “Asbestosi”).

Quali sono i sintomi delle pnemoconiosi?

I sintomi delle pnemoconiosi sono abbastanza simili, indipendentemente dal tipo di sostanza inalata, quando ricalcano le diverse realtà cliniche

  • della fibrosi polmonare
  • della bronchite cronica
  • dell’enfisema polmonare e
  • dell’insufficienza respiratoria

ma possono essere assai diversi, fino alla quasi assoluta asintomaticità, quando conseguenti all’inalazione di sostanze prive di proprietà fibrosanti (fibrosi) come la maggior parte delle antracosi o le pneumoconiosi da semplice accumulo (stannosi, siderosi semplice non silicotica e baritosi).

In linea generale, quindi, essi consistono in:

  • assenza di sintomi specifici nel caso di pneumoconiosi da semplice accumulo
  • dispnea (disagio respiratorio), inizialmente solo sotto sforzo e successivamente presente anche a riposo, aggravata dalla concomitante presenza di insufficienza cardiaca in fase avanzata di malattia, nei casi in cui la sostanza inorganica inalata sia responsabile di evoluzione in fibrosi polmonare che condizioni la comparsa dei sintomi sottostanti
  • senso di costrizione al torace
  • tosse spesso accompagnata da espettorazione mucosa o muco-purulenta
  • scadimento delle condizioni generali del paziente
  • isolamento sociale, nelle fasi avanzate di malattia, conseguente all’invalidità respiratoria
  • insufficienza respiratoria cronica nelle fasi avanzate di malattia (vedi anche sul sito la patologia “ Insufficienza respiratoria e ossigenoterapia”), con possibile evoluzione in cuore polmonare cronico (scompenso cardiaco destro)
  • sintomatologia dei quadri tumorali del polmone, della pleura e del peritoneo, in caso di evoluzione neoplastica da inalazione di sostanze aventi anche capacità cancerogena (amianto e berillio).

Come si fa la diagnosi di Pnemoconiosi?

La diagnosi di pneumoconiosi è una diagnosi prevalentemente clinico-radiologica alla quale si può giungere attraverso:

  • Anamnesi lavorativa della persona
  • sintomatologia (iniziale disagio respiratorio sotto sforzo)
  • visita medica e specialistica pneumologica (presenza di crepitii all’auscultazione dei polmoni in caso di fibrosi polmonare)
  • radiografia e TAC del torace, specie quella HRCT ad alta risoluzione (fibrosi polmonare e pleurica, aree di enfisema polmonare, ispessimenti pleurici calcifici (placche pleuriche) con possibile versamento pleurico anche in assenza di tumore della pleura)
  • osservazione a livello microscopico, in caso di asbestosi, dei corpuscoli dell’asbesto presenti nell’espettorato
  • prove di funzionalità respiratoria in accordo con quadri funzionali da prevalente alterazione ventilatoria restrittiva polmonare (riduzione dei volumi polmonari) – (vedi anche “La spirometria o esame spirometrico” e “Ossimetria ”).

Qual è la terapia delle pnemoconiosi?

La terapia delle pnemoconiosi, una volta determinatosi il danno irreversibile conseguente all’esposizione alle varie sostanze responsabili, è a tutt’oggi una realtà con pochi margini di successo, e gli unici presidi di una qualche efficacia sono rappresentati da:

  • rigorosa astensione dall’esposizione alla sostanza e bonifica ambientale delle zone in cui le stesse siano presenti
  • scrupoloso programma di screening clinico, radiologico e funzionale dei lavoratori esposti, finalizzato a cogliere i segni iniziali della malattia e ad allontanare il lavoratore per limitarne, se non la malattia, per lo meno le conseguenze di un suo peggioramento
  • immediata sospensione dell’abitudine tabagica (fumo di tabacco) se presente
  • farmaci cortisonici per uso inalatorio o generale e farmaci broncodilatatori per ottimizzare la ventilazione polmonare del paziente
  • ossigenoterapia se presente un’insufficienza respiratoria
  • profilassi stagionale con vaccinazione antiinfluenzale per limitare i danni conseguenti alla sovrapposizione dell’infezione da virus influenzale
  • possibile vaccinazione con vaccino antipneumococcico, per le stesse ragioni dette prima e riferite in questo caso alla polmonite pneumococcica (Diplococcus pneumoniae).

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